THE MILITARY VINTAGE DESIGN


All’ingresso dei padiglioni espositivi, i visitatori saranno accolti da una mostra inedita dedicata all’evoluzione della moda militare: “The Military Vintage Design” è il titolo di un’esposizione che nasce dalla paziente e accurata ricerca di “Mai Visto”, vintage store e archivio storico presente a Riccione dal 1991. L’esposizione affronta l’evoluzione dell’abbigliamento militare del XX secolo, con un particolare focus del periodo tra le 2 guerre mondiali . Si tratta di un percorso di grande interesse, fatto di divise, immagini e memorabilia, pensato per illustrare il profondo cambiamento intervenuto nelle uniformi  in dotazione alle forze armate che vide il passaggio dai colori e dalle fogge fastose ed esuberanti dell'Ottocento, in ragione sia dell’estrazione nobiliare degli ufficiali sia della riconoscibilità dei soldati "amici" sul campo, a tinte e accessori sempre più mimetici, funzionali alle sopravvenute innovazioni tecnologiche.    È difficile ignorare l’influenza dell’abbigliamento militare sulla moda maschile. Prendete il capo più indossato del vostro armadio: è molto probabile che le sue radici affondino nell’esercito. I caban, le t-shirt a righe breton, i bomber, i chino, le giacche da campo, gli anfibi e i parka furono tutti creati da esperti militari al solo scopo di fornire un abbigliamento che fosse funzionale alle truppe sul campo. Ed è proprio qui che spesso risiede il richiamo di un buon capo: la funzionalità.  Lo stile militare, si sa, spacca. Pantaloni mimetici con e senza tasconi, t-shirt stile marines che strette intorno a bicipiti palestrati, sahariane color sabbia che fanno tanto Guerra dei Sei giorni.  E comunque gli stilisti ci hanno messo anche parecchio del loro, con profusione di spalline e alamari che vanno e vengono nelle settimane del pret a porter. La militarizzazione dell’abbigliamento è tutt’altro che una novità nella storia del costume. Anzi, vien da dire che l’interscambio tra i due mondi, l’abbigliamento civile e quello militare, è antichissimo. Cominciamo con le maniche alla Raglan, quelle unite al corpo principale dell’abito da lunghe cuciture che vanno dall’ascella allo scollo e lasciano grande libertà di movimento. il taglio prende il nome da Fitzroy Henry Somerset, primo barone Raglan, veterano della battaglia di Waterloo (1815). Sempre in Crimea prestò servizio James Brudenell, settimo conte di Cardigan, comandante della Brigata di cavalleria leggera che guidò nella famosa carica di Balaklava, classico esempio di follia militare. Cardigan divenne così famoso in che divenne di moda portare una giacca di lana abbottonata davanti, con o senza maniche, indossata dal conte in Crimea e che da allora si chiama come lui. La cittadina russa ha dato il nome, almeno in inglese, al Balaclava cap, il passamontagna che copre volto e testa, da noi meglio conosciuto come Mefisto e indossato, per non farsi riconoscere, dai corpi speciali di polizia (Gis) e carabinieri (Ros). Molto usato oggi anche nell’abbigliamento civile da montagna, il Balaclava cominciò a essere confezionato a maglia in Gran Bretagna come forma di aiuto volontario ai soldati impegnati in Crimea, vittime di freddo e malattia anche a causa del rudimentale e deficitario sistema di approvvigionamenti dell’esercito britannico dell’epoca. Alamari sono anche definiti quelli di corda, cuoio e legno che chiudono, al posto dei bottoni, un cappotto famosissimo, il montgomery, a sua volta derivato da un soprabito dei marinai inglesi, il duffel coat. Fatto di lana ruvida e spessa e dotato di cappuccio, prende il suo nome dalla città olandese di Duffel, nella provincia di Anversa, da dove proveniva la stoffa usata per confezionarlo. Probabilmente di derivazione polacca, venne adottato nel 1890 dalla Royal Navy ed ebbe come testimonial nientemeno che Bernard Law Montgomery, visconte di Alamein, il più famoso generale inglese della Seconda guerra mondiale, che amava portarlo durante la campagna nell’Europa nord occidentale del 1944-45. Da allora il cappotto porta il suo nome. Quando era nel deserto, Monty indossava, come molti altri ufficiali dell’Ottava armata britannica, calzoni di velluto a coste e stivaletti di camoscio con suola di gomma, i cosiddetti desert boots. Insomma le Clarks, che infatti nacquero nel 1950 dopo che un anno prima Nathan Clark era stato colpito da un paio di stivaletti di camoscio trovati nel vecchio bazar del Cairo, probabilmente un residuato bellico del 1940-43. Pantaloni di velluto a coste e clarks erano quasi l’uniforme degli studenti della sinistra extraparlamentare degli anni ’60 e ’70: probabilmente non sapevano di vestirsi come gli ufficiali inglesi di 25 anni prima. Ma forse non gli sarebbe dispiaciuto, visto che proteggersi dal freddo usavano l’eskimo, molto simile al parka entrambi nascono dai giacconi invernali imbottiti e con cappuccio usati dai soldati americani e tedeschi negli ultimi due anni della seconda guerra mondiale e poi ancora dai GI durante la guerra di Corea. Quelli tedeschi, in particolare, erano molto sofisticati: double face, si presentavano da una parte bianchi per mimetizzarsi sulla neve e dall’altra in tessuto mimetico con colori autunnali. Per esempio i Rayban, cè un marchio che vide la luce negli anni ‘30 con la produzione di occhiali a lenti verdi (in grado di eliminare i riflessi senza oscurare la vista) che risolsero il problema dei piloti della Us Air Force, colpiti da frequenti mal di testa e senso di vertigini causate dalla luce del sole a elevate altitudini. Se invece continuerà la pioggia, continueremo a usare il trench, che si chiama così perché era il soprabito usato dagli ufficiali inglesi della Prima Guerra Mondiale Il modello classico, realizzato in gabardine di cotone khaki, aveva spalline, cintura e chiusura in doppiopetto con falda triangolare per assicurare una maggiore impermeabilità. Oggi però è di tutti i colori e di tutte le fogge.   Un capo semplice, in voga ancora oggi, è il dolcevita color panna dell’uniforme della marina, nonostante sia rimasto in circolazione per secoli in un modo o nell’altro, il dolcevita ha origine proprio nella marina, quando fu ampiamente distribuito tra i soldati durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma non è solo questo capo di maglieria a essere degno di nota, anche le camicie sono una testimonianza dell’impatto dell’abbigliamento militare nella moda di oggi. Il colletto alla coreana è noto per la sua eleganza rilassata. Oggi lo consideriamo un’alternativa semplice e informale a una camicia dal colletto alla francese, perfetto sotto un blazer dal taglio morbido se si vuole andare sul sicuro. Lo stesso vale per le camicie a mezza abbottonatura o “popover”, che hanno fatto un grande ritorno nelle ultime stagioni estive e sono considerate delle alternative moderne ai modelli con bottoni su tutta la lunghezza. Oggi i colletti alla corena e popover vengono associati a personalità creative, ma sono pochi gli stilisti che conoscono le loro origini militari.   Molti indumenti militari sono semplicemente impeccabili nel loro design e si adattano facilmente alla vita di tutti i giorni.

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